La Majella d'inverno. Sulle montagne del "Feudo d'Ugni"

Monte Ugni, monte Forcone e Martellese


Approfittiamo di uno spiraglio di meteo variabile tendente al bello per una salita invernale alla Montagna d’Ugni in un angolo di Majella un pò decentrato rispetto al cuore del grande massiccio: una vasta area a sè stante circondata come è da profonde vallate ed unita al cuore della Montagna Madre da quell’unico ponte naturale costituito da così detto “Valico della Carrozza”. Un’escursione di ampio respiro e panorami mutevoli che solo in piccola parte ci sono stati celati dalle nubi basse del mattino che si sono dissolte una volta giunti in quota; il giro classico sulla Montagna d’Ugni prevede in salita o al ritorno l’attraversamento del Vallone di Palombaro che però sospettiamo possa essere in qualche tratto intasato da neve cedevole ed allora propendiamo per il sentiero che sale lungo il fianco del Colle Strozzi, molto panoramico verso le colline del chietino che scendono gradatamente al Mare Adriatico, anch’esso ben visibile lungo buona parte della salita. Qualunque sia la via scelta, il dislivello da superare non è banale specie se c’è neve, ma la salita che qui si propone è molto graduale e tutto sommato non si fa sentire troppo. Il primo tratto dell’escursione è lungo la sterrata della Forestale chiusa provvidenzialmente ai veicoli da una sbarra: si procede lungo numerosi tornanti alternando tratti nel bosco ad ampie radure da cui si ha un bel panorama sulle colline sottostanti dove sono disposti innumerevoli paesini (al ritorno molto suggestivo è stato il fitto reticolo della miriade di lucine sparse nel buio a perdita d’occhio). Si sale molto gradatamente tanto che in circa tre chilometri si prendono poco più di trecento metri di quota sino ad arrivare in corrispondenza del Rifugio Colle Strozzi (1.138 mt) da dove ha inizio il sentiero G4 indicato da un evidente segnale disposto su palina (anche se poi lungo tutto il percorso i numerosi segnavia sono quelli verdi della Forestale recanti la scritta “U3”). Il sentiero si snoda dentro ad un bosco di faggi in cui sono presenti nella parte più in alto alcune comunità di conifere (suggestivo è un passaggio dentro ad un tunnel verde di bassi abeti poco prima dell’uscita nel canalone) fino ad uscirne attorno a quota 1.400 mt proprio nel mezzo del vasto piano inclinato che in alto si va a restringere in corrispondenza della cima del Colle Strozzi. Si procede inizialmente con lunghi traversi alla base del canalone e poi salendo di quota lungo una serie di tornanti via via più serrati rimanendo sulla destra orografica del fosso fino a raggiungerne la cima in corrispondenza del crinale che si affaccia sul profondo Vallone di Palombaro (si incontrano alcune paline che indicano la via anche se la traccia a terra e comunque ben visibile); pochi metri più in alto si giunge al primo Rifugio della Montagna d’Ugni (1.863 mt) e proprio li accanto, in corrispondenza di un segnale che indica l’inizio a scendere del sentiero “G4”, si intercetta la strada sterrata che avevamo lasciato all’inizio dell’escursione. Proseguiamo lungo la sterrata che però ben presto scompare sotto accumuli di neve sino ad una una svolta netta verso destra dopo di che si prosegue quasi in piano in direzione sud aggirando il Monte d’Ugni lungo tutto il versante occidentale fino a raggiungere la valletta dov’è situato il secondo Rifugio Montagna d’Ugni (2.035 mt) in posizione molto panoramica. Arriviamo al rifugio immersi in una nebbia fitta senza possibilità alcuna di individuare le cime che sono li di fronte (Forcone e Martellese) ed anche il Monte d’Ugni che è proprio accanto non è visibile … il contesto ambientale è comunque bellissimo caratterizzato dal contrasto del verde intenso dei pini mughi che sono dovunque con il bianco della neve che si pere nelle nubi basse. Una breve sosta dentro il rifugio, carino e tutto sommato in buone condizioni con tanto di tavolino, sgabello e brande (non mancano comunque le solite tristi scritte sul muro con annesse parolacce .. e dire che che c’è gente che si fa oltre 1200 metri di salita portandosi appresso un pennarello per arrivare quassù e lasciare una traccia della propria idiozia!!). Attendiamo un poco nel rifugio scrutando dall’uscio in attesa che il meteo cambi e così fortunatamente è: il tempo di rinfrancarsi e mangiare un panino ed il vento monta nella direzione giusta portando via con se quasi tutta la massa di nuvole e rendendo improvvisamente visibile il magnifico panorama che è all’intorno, si apre così il sipario sulla lunga dorsale che dalla Cima Macirenelle passa per la Cima Raparo fino a Martellese mentre dietro, altissima ed immacolata, si staglia la mole dell’Acquaviva. Riprendiamo subito la marcia alla volta proprio della cima del Martellese che raggiungiamo seguendo una traiettoria diretta grazie al fatto che i pini mughi sono letteralmente sepolti nella neve dalla cui superficie spuntano qua e là solo dei bassi ciuffi: così in breve ci troviamo sopra alla cima tondeggiante di neve gelata a godere lo spettacolo delle cime che sono attorno, in particolare l’Acquaviva e le Murelle, impressionanti da questo punto di osservazione. Analogamente ci risulta molto agevole raggiungere la Cima Forcone senza dover girare tanto in tondo cercando i varchi giusti nelle mughete: puntiamo infatti dritti alla sella che separa dal Martellese e che raggiungiamo in pochi minuti facendo lo slalom tra le rade chiome che ancora emergono dalla coltre bianca; anche dalla sella bel panorama verso il Pizzone ed ancora più dietro in secondo piano sulla lunga cresta che sale alla Cime dell’Altare. La risalita al Forcone è senza via obbligata ed anche questa seconda vetta di norma un poco scomoda perchè tutta coperta da fitti pini è invece oggi facilmente raggiungibile ed offre dei bei punti di vista in ogni direzione. Per il ritorno al rifugio costeggiamo con lungo traverso il fianco del Martellese (questa volta molto meno agevole perché la neve cede sotto il passo ed ogni tanto ci inghiotte il vuoto sottostante creato tra i rami intricati dei simpatici pini mughi) e raggiungiamo la capannina con i cartelli del parco quando il sole sta iniziando la sua discesa dietro le montagne. Lanciamo anche uno sguardo verso l’invitante Vallone di Palombaro che rappresenterebbe una via di discesa probabilmente più rapida, ma un pò perché presto farà scuro e perchè nubi dense già stavano salendo dalla pianura decidiamo di ripercorrere comunque i passi dell’andata così da esser più sicuri. Rientriamo al Colle Strozzi sotto gli ultimi raggi di luce e poi ci avviamo dentro il lungo canalone che scende fino al bosco in una nebbia fitta fitta che da un ultimo tocco di interesse ad una giornata già così ricca di tanti spunti; a tratti il sentiero si perde sotto la neve e nella semioscurità la traccia si perde così che in qualche passaggio è il fido gps a rassicurarci che siamo sulla via giusta. Arriviamo al bosco che è ormai buio e completiamo la discesa nel silenzio, solo in compagnia dei richiami degli uccelli notturni che si sono nel frattempo messi in movimento all’alba di questo loro strano giorno senza sole.